Lavoro e danni all’udito: i pericoli delle professioni “poco rumorose”

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Lavoro e danni all’udito: i pericoli delle professioni “poco rumorose”

lavoro e danni all'udito

Professioni a rischio danni uditivi

L’esposizione ai forti rumori è uno dei principali fattori di rischio di ipoacusia e danni all’udito sul luogo di lavoro, ma non è l’unico. Esistono diverse forme di rischi acustici, meno rumorosi ma altrettanto insidiosi per il benessere delle orecchie. 

Ogni anno, nel mondo, migliaia di persone subiscono danni all’udito mentre stanno svolgendo il proprio lavoro. Secondo i dati INAIL, soltanto nel 2020 circa 3 mila italiani hanno denunciato un infortunio alle orecchie a causa di un trauma acustico rimediato in ambiente lavorativo. Senza considerare tutti quei lavoratori che popolano i cantieri e le fabbriche del nostro Paese privi di contratto e delle principali forme di sicurezza: la situazione critica di queste persone risulta spesso invisibile alle statistiche ufficiali.  

Tra tutte le categorie professionali, le più vulnerabili al rischio di ipoacusia sono senz’altro quelle maggiormente esposte ai forti rumori. Quindi operai, meccanici, artigiani e tutti i lavoratori impiegati nei contesti lavorativi che richiedono l’utilizzo di macchinari rumorosi. Ma non sono certamente gli unici.

Quando si affronta il discorso sui rischi per l’udito in ambito lavorativo, spesso ci si dimentica di coloro che sviluppano deficit uditivi in maniera graduale, progressiva, con ripercussioni altrettanto significative di chi rimedia traumi da shock acustico. E che, a differenza di quest’ultimi, possono riscontrare maggiori difficoltà nel vedersi riconosciuta un’eventuale ipoacusia come malattia professionale.

I lavoratori dai rischi “silenziosi” per l’udito

In condizioni di “normale” quotidianità, senza lockdown e conseguenti D.P.C.M, parliamo di chi lavora in alcuni settori della ristorazione o della scuola. In particolare facciamo riferimento alle maestre d’asilo e delle scuole elementari sottoposte al chiasso dei bambini in aula. Così come tutte le professioni che richiedono un contatto continuo con gruppi numerosi che inevitabilmente prevedono un’esposizione prolungata ai rumori generati dalla folla.

Ancora più insidioso è lo stress uditivo riconducibile al lavoro nei call center. Qualche anno fa l’INAIL lanciò l’allarme sui rischi legati all’ascolto continuo in cuffia e alle scarse politiche aziendali intraprese a scopo preventivo. Seppur con qualche lieve miglioramento dal punto di vista della sensibilizzazione sull’argomento, a distanza di anni le cose non sembrano cambiate un granché per i centralinisti. 

Ciò non è avvenuto per vari motivi, a partire dai costi onerosi – sia in termini di forza lavoro che finanziari – legati all’attuazione di un programma di prevenzione da simili infortuni uditivi. Infatti, se l’impatto del frastuono prodotto dai macchinari può essere attutito grazie all’aiuto di caschi e otoprotettori, nel caso di queste subdole forme di inquinamento acustico il discorso è un po’ più complesso e richiederebbe un approccio strutturale, mirato innanzitutto a garantire controlli audiometrici con una certa periodicità. Controlli che oggi sono a discrezione dei dipendenti, quasi mai sensibilizzati a dovere sulle insidie per il loro benessere uditivo. 

Poi c’è l’aspetto burocratico in cui risulta altrettanto complesso far convergere gli interessi di tutte le parti in causa. 

Qualche utile consiglio

Innanzitutto, effettuare periodicamente un controllo dell’udito è sempre una buona idea, a maggior ragione per i lavoratori esposti ai rumori (forti o prolungati che siano).  

Ogni tanto, laddove possibile, una breve pausa dal lavoro può ripristinare il benessere delle orecchie: qualche volta, cinque minuti di silenzio si rivelano preziosi per ristabilire il tono dell’udito. A maggior ragione per i centralinisti. 

Al termine del turno di lavoro, anche in serata prima di addormentarsi, ascoltare una playlist di rumori bianchi, a volume medio-basso, aiuta a rilassare udito e mente. I rumori bianchi sono alcuni suoni particolarmente gradevoli che “coccolano” le orecchie ed il cervello. Gli esempi più lampanti sono il rumore della pioggia che scroscia o quello delle onde del mare, ma la scelta è ampia e ce n’è per tutti i gusti, basta aprire Youtube o altre piattaforme simili. 

Si tratta di piccoli espedienti di supporto al benessere dell’udito che, però, non possono sopperire alle evidenti lacune sul tema dei rischi per le orecchie di numerose categorie di professionisti. Con l’auspicio che a breve possa esserci una maggiore sensibilizzazione su questa tematica fin troppo spesso “silenziata”.  

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